Sei Ariette per canto e orchestra d’archi

Nel vasto repertorio di musica vocale da camera in lingua italiana spiccano i nomi dei compositori più prestigiosi, tra questi Vincenzo Bellini. Un genere questo nato per essere eseguito da solisti e in contesti ridotti, spesso ad uso di dilettanti e amanti del genere, ma anche di professionisti che ne hanno sublimato la scrittura, dalla genesi intima e a volte scarna, altre volte raffinata o di eco operistico.
L’idea di questa orchestrazione nasce da due propositi. Il primo è quello di dare un taglio nuovo e diverso alle composizioni, che trovano nella scrittura orchestrale una veste adeguata, non pesante e nello stesso tempo in grado di supportare il cantante in una gamma di suoni più ampia e variegata. Il secondo è legato all’opportunità che può avere un esecutore ancora non professionista (penso agli studenti di conservatorio o delle accademie di canto) nel cimentarsi con l’orchestra o anche con quintetto o quartetto d’archi, in un repertorio più accessibile prima di affrontare, in concerto o in opera, le pagine più articolate dei melodrammi. (Da questa motivazione nasce la scelta della scrittura del contrabbasso, di aiuto e completezza dinamica e di registro nell’esecuzione orchestrale, ma omissibile nel caso di un’esecuzione in quartetto d’archi).
Nell’orchestrare la scrittura pianistica mi sono limitato, con qualche piccolo accorgimento, a riportare la dinamica originale del Bellini presente nello spartito canto-piano. Ovviamente sarà cura del concertatore integrare e dar senso musicale alle indicazioni, come di consueto fa il pianista.